Gli strumenti ad arco raffigurati nei dipinti della Cappella palatina di Palermo si distinguono da quelli analoghi utilizzati in passato e ancor oggi in Medio Oriente e nord Africa per alcune caratteristiche salienti. Il corpo è a forma di goccia in un pezzo solo col manico, il cavigliere è a falcetto e termina con una testa di animale, una fascia ornata divide la tastiera dalla tavola armonica in pelle. La fascia in metallo può essere suggerita dalle pitture di Palermo. Un ponticello di forma cilindrica e visibile in una delle immagini, analogo a quelli dei rabab nordafricani a noi noti.
Le taglie sono due: quella piccola a due corde che si vede riprodotta in copertina e qui sopra in ricostruzione, quella più grande a tre corde che si vede qui sotto. Solo nelle pitture siciliane si vedono con chiarezza i Rabab distinti in due taglie.
Gli strumenti similari attualmente in uso in diversi paesi sono diversi per forma, ma non per materiali della tavola armonica, numero di corde (due o tre, salvo aggiunta di una quarta nei più moderni) e posizione di esecuzione. Talvolta nei Rabab del nordAfrica la tastiera traforata è in metallo. La differenza più evidente è nella forma del cavigliere
Rabab del Marocco
Rabab iraniano
Anche in altre rappresentazioni medievali si riscontrano le stesse differenze. Si può concludere che gli strumenti raffigurati nei dipinti di Palermo possano essere denominati Rabab, un cordofono ad arco di cui rappresentavano una variante locale, tipicamente siciliana. Un solo strumento vi rassomiglia, fuori dell'isola, e cioè quello raffigurato in una famosa immagine tratta dalle Cantigas de S.Maria, posteriori di almeno 130 anni.
Dalle Cantigas de S.Maria: a sinistra Rabab simili nel profilo generale e nei dettagli a quelli attuali del Nordafrica, a destra Rabab somigliante a quelli siciliani. In ogni caso i caviglieri degli strumenti spagnoli appaiono uguali a quelli degli Oud, a differenza di quelli siciliani, sempre a falcetto e con testa zoomorfa.